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Disuguaglianze e povertà, infanzia in pericolo
Disuguaglianze e povertà, infanzia in pericolo
Data pubblicazione: 22 novembre 2021
Le differenze di opportunità tra minori che vivono in famiglie con difficoltà economiche e bassi livelli di istruzione rispetto ai coetanei benestanti sono esplose con la pandemia. Qui trovi una fotografia delle disuguaglianze educative in Italia.
Studio e Formazione
Banchi vuoti, l’abbandono scolastico
Stare in piazzetta con gli amici tutto il pomeriggio, svegliarti all’ora che vuoi, non avere l’obbligo di fare i compiti. Quante volte hai desiderato che i tuoi genitori non ti imponessero regole e ti lasciassero piena libertà? Quelli che per te erano sogni di un momento, perché vivevi lo studio come un dovere e le attenzioni dei genitori come qualcosa di scontato e anche un pochino soffocante, per molti bambini e bambine sono una privazione, una mancanza (talvolta involontaria).
Nelle città italiane ci sono ragazzi e ragazze che non hanno la luce in casa per poter fare i compiti. Altri vanno a scuola perché è lì che fanno l’unico pasto completo della giornata. I volontari di Save the Children e di altre associazioni che operano a Milano, Roma, Palermo e in altre città italiane, seguono i casi di alcuni minori a rischio di abbandono scolastico.
Il fenomeno riguarda studenti e studentesse tra i 18 e i 24 anni che lasciano gli studi prima di avere completato i percorsi dell’obbligo, che non conseguono il diploma o non terminano un corso di formazione. Questi casi rappresentano solo la punta dell’iceberg delle disuguaglianze educative in Italia.
In un decennio, tra il 2010 e il 2020, il tasso degli abbandoni precoci degli studi tra i più giovani è passato dal 18,6% al 13,1%. Un dato che mostra un cambiamento positivo, ma l’obiettivo del 9,9% posto dall’Europa con l’Agenda 2030 è ancora lontano. Tra i Paesi europei, il tasso della dispersione scolastica è molto alto in Islanda (quasi 18%), Spagna (17,3%) e Romania (15,3%). Le eccellenze invece sono state Grecia (4,1%), Lituania (4%) e Croazia (3%), secondo i dati Eurostat.
DAD e disparità tra studenti
La pandemia da Covid 19 ha peggiorato la situazione e ha evidenziato un divario nelle possibilità d’istruzione tra i giovani e le giovani in Italia. Scuole chiuse, accesso alle lezioni solo tramite DAD e isolamento: la crisi sanitaria ha provocato un’ulteriore disparità sociale.
Più di un ragazzo su quattro, dal lockdown della primavera 2020, ha dichiarato che almeno un compagno o una compagna di classe ha smesso completamente di frequentare le lezioni. Per il 7% degli intervistati, gli alunni e le alunne che hanno lasciato i banchi di scuola vuoti sono stati addirittura tre o più.
Povertà e disuguaglianze
La povertà educativa è legata a doppio filo al disagio economico, e anche i numeri sottolineano come il rapporto tra le possibilità di studio e reddito sia molto stretto. I minori che vivono in condizioni di povertà assoluta, secondo l’ultimo rapporto ISTAT, sono più del 13%, ovvero 1 milione e 337 mila persone che non hanno le risorse minime necessarie per condurre una vita dignitosa.
Potresti pensare alle tante storie di persone con difficoltà economiche che poi sono riuscite ad avere successo e pensare che la povertà non sia un ostacolo. Quelli che conosci sono dei casi abbastanza rari, poiché in genere, chi vive condizioni di disagio economico ha minori opportunità e fa fatica persino a imparare le competenze di base in matematica e lettere.
I ragazzi e le ragazze che vivono in famiglie molto povere non riescono a stare al passo dei loro coetanei a scuola. Save The Children descrive questa situazione nel suo rapporto Nuotare Contro Corrente. I dati analizzati dall’associazione sono quelli dei risultati dei test PISA (Programme for International Student Assessment) dell’indagine OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) elaborati dall’Università di Tor Vergata. Dai risultati degli esami è evidente come i minori che vivono in famiglie svantaggiate, nel 24% dei casi, non hanno ottenuto le competenze minime in lettura e in matematica. Tra i ragazzi e le ragazze provenienti da famiglie più agiate la percentuale scende al 5%.
Non si tratta solo dell’impegno dei singoli individui: secondo il rapporto, infatti, la povertà educativa è in qualche modo ereditaria. I minori che provengono dalle famiglie disagiate hanno il triplo delle probabilità di non riuscire a imparare le nozioni necessarie per leggere e capire dei testi e per fare di calcolo rispetto a chi è benestante. Ed è più probabile che un minore che non ha il sostegno dei genitori o dei familiari perda motivazione e perseveranza negli studi. Non si tratta però solo di questo: la mancanza di libri in casa o il non andare a mostre, musei o eventi culturali, e persino il non praticare sport, è uno svantaggio. Queste attività infatti permettono ai bambini e alle bambine di sviluppare i loro talenti e anche di imparare a stare con gli altri e creare relazioni, mettendo alla prova le capacità di risolvere problemi pratici, con creatività e intelligenza emotiva.
Bisogna investire di più e meglio
Prima della pandemia, notano i ricercatori dell’XII Atlante dell’Infanzia di Save The Children, il reddito di cittadinanza aveva contribuito ad attenuare le condizioni di povertà assoluta per almeno 753 mila minori.
Bambini e bambine che crescono in famiglie disagiate hanno opportunità inferiori sin dai primi anni della loro formazione. Prendiamo per esempio gli asili nido: in Italia solo un bambino su sette frequenta queste strutture. Le differenze tra Nord e Sud sono molto importanti: in Calabria solo il 3,1% dei minori ha accesso ai nidi, mentre a Trento la percentuale supera il 30%. Lo studio di Save The Children mostra che la mancanza del tempo pieno nelle scuole provoca forti disparità nell’apprendimento. Durante le elementari, gli scolari siciliani, rispetto ai coetanei lombardi che fanno il tempo pieno, arrivano a frequentare quasi un anno in meno come ore di lezione.
Investire sui giovani è ciò che fa la differenza. La spesa pro capite in un Comune calabrese per i minori di tre anni è di appena 149 euro, mentre a Trento arriva quasi a 2.500 euro.
Gli effetti della pandemia sui minori
La pandemia ha avuto indubbiamente un ruolo negativo sulle condizioni delle famiglie più disagiate e quindi sui minori. L’emergenza sanitaria ha avuto un impatto molto forte sulle vite degli adolescenti e dei bambini, come dimostra il report Covid -19 e Adolescenza. Lo studio è stato realizzato dal gruppo di esperti del Dipartimento per le Politiche della Famiglia e dell’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, ed è stato coordinato dalla professoressa Chiara Saraceno.
La chiusura delle scuole e il lockdown hanno provocato una frattura ancora più profonda tra i primi e gli ultimi delle classi. Ad aprile 2020, infatti, le famiglie italiane con minori che non possedevano neanche un pc o un tablet erano più del 14%, e considerando le differenze regionali, al Sud la percentuale saliva al 21,4%, mentre al Nord si aggirava intorno all’8%. La didattica online ha quindi di certo svantaggiato enormemente coloro che non avevano accesso agli strumenti digitali.
L’isolamento a cui sono stati costretti gli adolescenti e i minori ha avuto dei pesanti risvolti psicologici, che nel rapporto della professoressa Saraceno e degli esperti del Ministero appaiono evidenti:
“le routine quotidiane sono state fortemente influenzate, portando da un lato a un maggior numero di ore di sonno, dall’altro a disturbi della qualità del sonno stesso anche nei più giovani”.
La fotografia scattata dallo studio “I care” dell’Osservatorio, e realizzato dall’Università di Palermo, ha evidenziato come tra marzo e maggio 2020 il 35% degli adolescenti abbia provato sentimenti di ansia e disagio, e metà degli intervistati abbia mostrato basse aspettative per il futuro.
Tra le ragazze e i ragazzi che hanno contratto il Covid-19, secondo una ricerca del Policlinico Umberto I di Roma, sono più frequenti i casi di depressione o ansia, e il 20% dei giovani teme che l’emergenza possa ripresentarsi, manifestando problemi di tipo psicologico.
L’allarme che giunge da più parti è che le condizioni di reclusione a cui sono stati costretti gli adolescenti possano avere un costo molto alto per il loro sviluppo e la loro crescita.
Più consapevoli e impegnati
Allo stesso tempo, però, i giovani hanno acquisito, con la pandemia, la consapevolezza di volersi impegnare per poter essere protagonisti delle scelte che interessano il loro futuro, dalla politica alle questioni ambientali. A dimostrarlo sono i dati di un altro studio recente dell’IPSOS, “I giovani e la cittadinanza scientifica”, che si trova nell’Atlante di Save The Children. I dati raccolti mostrano come una persona adolescente su tre ritenga che nei prossimo 10 anni sia fondamentale affrontare alcuni grandi temi:
energia sostenibile
riduzione emissioni
disuguaglianze sociali ed economiche
invecchiamento della popolazione.
Le nuove generazioni vorrebbero puntare sulla scienza, ma spesso non trovano i giusti stimoli o il supporto per perseguire una carriera universitaria. Il 33% degli adolescenti che pensano di iscriversi a un ateneo esclude gli indirizzi scientifici tra le opzioni da prendere in considerazione. Se si considerano le differenze di genere, il divario è ancora maggiore: solo otto ragazze su 100 ipotizzano di frequentare corsi di ingegneria, mentre su 100 ragazzi, i futuri ingegneri saranno 30.
Diventano quindi fondamentali i programmi che sostengono i percorsi di empowerment, le borse di studio e i progetti che supportano gli adolescenti e i giovani nella loro formazione.
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