Un mondo under 35
L’Italia ha un tasso di disoccupazione giovanile tra i peggiori d’Europa: secondo l’ultimo monitoraggio Eurostat, a settembre 2021 i giovani sotto i 25 anni senza un impiego sono stati il 29,8%. C’è però un settore in controtendenza, che occupa principalmente le nuove generazioni: le imprese della comunicazione.
È stata condotta un’indagine molto approfondita sullo stato di salute delle società che si occupano di consulenza creativa, digital e social, di pianificazione e pr, e della produzione di contenuti per ogni tipo di piattaforma.
I risultati sono raccolti nel “Rapporto sul mercato del lavoro nel settore della comunicazione italiana”, per cui hanno collaborato UNA, l’associazione delle agenzie di comunicazione italiane, e l’Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Hanno risposto al sondaggio 172 imprese, tra ottobre 2020 e maggio 2021. I risultati mostrano che, nelle imprese di comunicazione e digital intervistate, i giovani con meno di 35 anni sono più del 53%.
La pandemia e i nuovi orizzonti dell’industria digital
Dueante la pandemia, il settore comunicazione è cresciuto ulteriormente, e quasi il 3% delle aziende partecipanti al sondaggio sono nate durante la crisi Covid-19.
Milano resta la capitale indiscussa verso cui guardare quando si parla di digital e social: più del 50% delle attività, infatti, si svolge nella città lombarda.
Una delle caratteristiche che rende queste imprese così in sintonia con i giovani talenti è la flessibilità organizzativa. Lo smart working, per la maggior parte delle realtà coinvolte, è una realtà, e non l’eccezione. Solo il 14,5% delle attività ha infatti previsto di tornare a modalità di lavoro in presenza una volta terminata l’emergenza.
Questa una lista dei vantaggi portati dal lavoro agile:
Un altro dato in netta controtendenza rispetto al mercato del lavoro italiano riguarda i contratti proposti ai giovani. Nelle imprese del comparto comunicazione, il 70,5% del personale è assunto a tempo indeterminato.
Lavorare su inclusione e parità
Sull’inclusione e la parità di genere, invece, la strada è ancora lunga. Solo il 2% delle società intervistate ha una giusta percentuale di lavoratrici o lavoratori stranieri, e si tratta in genere di grandi network. Anche se il 17,9% delle aziende intervistate ha dichiarato di avere attivi programmi di Diversity & inclusion, il restante 82,1% non ha avviato nessuna di queste politiche.
Il gender gap lavorativo si allarga quanto più si sale nella scala dirigenziale. Se nel 2021, nelle imprese della comunicazione italiane le donne occupano il 50,3%, i consigli di amministrazione sono composti per il 64,2% sono uomini e solo per il 35,8% da donne.
In un mondo dei media sempre in crescita, è dunque necessario che le aziende adottino più politiche di inclusione per donne, stranieri e persone disabili. Perché comunicare significa mandare i messaggi giusti per tutti, nel presente e per il futuro.