Il Covid ha stravolto drasticamente il nostro modo di vivere causando grandissimi disagi e sofferenza. Ma se proviamo a guardare il “lato positivo”, ci accorgiamo che questa pandemia ha costretto il Paese ad accelerare il processo di digitalizzazione, soprattutto nel mondo del lavoro.
Infatti, se fino a qualche mese fa, in Italia lo smart working era quello strumento mitologico utilizzato solo dalle giovani startup più illuminate, oggi questa nuova frontiera del lavoro sta salvando la maggior parte delle imprese nostrane.
Continuare a lavorare per una realtà senza dovere obbligatoriamente andare in ufficio apre nuovi scenari che non immaginavamo potessero essere possibili.
Per esempio, secondo i dati Svimez, dallo scorso marzo a oggi oltre 100 mila lavoratori hanno deciso di rientrare al Sud dalle regioni dove erano emigrati, per ottenere maggiori opportunità di lavoro. Questo “controesodo” non si era mai visto e sta ridando speranza a un Meridione che sembrava sempre più distante dal resto d’Italia.
Il South Working come occasione per rilanciare il Sud
Proprio sulla scia di questo nuovo trend entusiasmante, alcuni giovani professionisti hanno ideato una organizzazione no-profit per strutturare il lavoro agile, soprattutto dal Sud, coniando appunto il nome “South Working - Lavorare dal Sud”. L’ideatrice è una giovane palermitana, Elena Militello, che nel 2010 ha lasciato la propria città alla ricerca di maggiori opportunità.
Questa organizzazione ha come obiettivo quello di creare un network di supporto agli smart worker, promuovendo lo sviluppo di idee e realtà che favoriscono questa modalità di lavoro.
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“Penso si possa cominciare a immaginare un mondo diverso rispetto a quello di ieri grazie alla tecnologia e al lavoro agile. Un mondo nel quale alle persone sia consentito per periodi più o meno lunghi di trasferirsi al Sud, dove la qualità della vita è più alta e il costo molto più basso, mantenendo il proprio posto nelle aziende attuali.”
Elena Militello
I benefici di poter lavorare dal Sud sono tanti: costo della vita più basso, qualità della vita più alta, vicinanza alla propria famiglia e ai propri cari. Ma è l’intero Meridione che potrebbe beneficiare enormemente di questo fenomeno, riportando a casa tantissime risorse scappate via alla ricerca di prospettive migliori.
Secondo una ricerca della Fondazione con il Sud in collaborazione con Svimez, è emerso che l’85,3% delle persone, se potesse vivrebbe al Sud mantenendo la propria occupazione in smart working. Questo è un dato importante, perché mostra quanto sia forte il desiderio di ripopolare delle zone meravigliose che negli anni sono state svuotate dei loro beni più preziosi: i giovani.
Attualmente il progetto South Working gode di grande interesse, ma resta un cantiere che necessita di supporto concreto dalle città meridionali. Basti pensare al fatto che ancora molte zone del Sud non posseggono una buona connessione a internet, fondamentale per lavorare a distanza. C’è bisogno di strutture che accolgano questa tipologia di lavoro e di una strategia che porti il fenomeno a non essere una semplice moda momentanea.
Il South Working può essere una buona occasione per rilanciare il Sud? Può essere un buon inizio, ma c’è bisogno di molto di più.