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Revenge Porn, un reato da Codice Rosso
Revenge Porn, un reato da Codice Rosso
Data pubblicazione: 10 dicembre 2021
Come ti sentiresti se delle tue foto private venissero diffuse online o nelle chat tra i tuoi amici? Foto e video violati. Il tuo corpo sugli schermi, negli occhi e nei commenti di chissà quanti sconosciuti. La tua intimità, la tua reputazione, le tue emozioni diventano un argomento sulla bocca di tutti. Il Revenge Porn è un’aggressione paragonabile a una violenza sessuale. Ecco i dati del fenomeno in Italia, e quanto rischia chi commette questo reato.
Volontariato e Sociale
Nuove forme di violenza
In Inghilterra nel 2010 era attivo il sito “Is Anyone up?”, specializzato nel revenge porn. Il portale si occupava di mettere in rete video e immagini intime che ex partner inviavano alla piattaforma per vendicarsi dell’ex compagna o compagno. La pagina è stata ben presto oscurata, ma nel momento di massima diffusione era arrivata ad avere 30 milioni di visite al mese.
Il revenge porn è una delle nuove forme di violenza digitale, e viene vista, sia da psicologi e studiosi che dalle ragazze e i ragazzi intervistati dall’Osservatorio Indifesa, come un abuso paragonabile alla violenza sessuale fisica (Se vuoi scoprire di che cosa si occupa l’associazione, lo trovi in questo articolo).
Si stanno diffondendo anche altre insidiose forme di voyeurismo digitale che attentano alla privacy delle persone, come per esempio la sextortion, che non è altro che un hackeraggio di smartphone o altri dispositivi al fine di chiedere un riscatto monetario per non diffondere foto o video intimi. Tra le pratiche che stanno prendendo piede c’è anche quella del Deep Sex Fake, cioè l’utilizzo di appositi software che ritoccano video porno sostituendo il viso dei protagonisti con quelli della persona che si vuole colpire.
Una delle forme peggiori di diffusione di pornografia non consensuale è quella dell’extreme pornography: in questo caso, atti di violenze sessuali vere e proprie vengono condivise su alcuni siti specializzati, o altresì la vittima viene minacciata con l’eventuale divulgazione del video in caso denunciasse l’assalitore.
Se ti interessa approfondire l’argomento dal punto di vista legale, leggi online la ricerca Revenge Porn e tutela penale condotta da Gian Marco Caletti e pubblicata sulla Rivista trimestrale di Diritto Penale contemporaneo dell’Università di Bologna.
Più di 2.300 i casi di Revenge Porn in italia
Il Revenge Porn, nelle sue diverse declinazioni, è un fenomeno che si sta diffondendo in tutto il mondo in modo capillare. Uno studio del Data & Society Research Institute e del Centre of Innovative Public Health Research ha analizzato i numeri di questo reato. La ricerca si è concentrata sui casi negli USA: secondo le statistiche raccolte nel 2018, il 4% degli americani avrebbe ricevuto almeno una volta una minaccia di pubblicazione di materiali personali che li ritraevano in situazioni intime, con nudi o altri atteggiamenti sessuali senza il consenso degli interessati.
Il revenge porn colpisce soprattutto adolescenti e donne, oltre ai membri delle comunità LGBTQIA+ (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trasngender, Queer, Intersex, Asessuali, +).
In Italia, i reati su femminicidio e revenge porn sono in aumento. Nei primi 10 mesi del 2021, i casi di violazioni collegate a queste tipologie di reati sono cresciute del 45%. Le denunce di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti sono state 2.329. Nel 73%, questi casi hanno coinvolto donne, per lo più italiane (87%) e maggiorenni (82%).
Codice Rosso
Il Codice Rosso è la legge italiana 694 approvata nel 2019 per tutelare le vittime dei nuovi reati contro la persona. Con questo provvedimento è stato introdotto per la prima volta nel Paese il reato di revenge porn.
Le sanzioni per le persone che diffondono materiale pornografico non consensuale possono essere diverse: si va dalla condanna all’utilizzo del braccialetto elettronico di rintracciamento, a multe che arrivano fino a 15mila euro. Viene infine prevista la possibilità di scontare una pena in carcere da uno a sei anni.
Questa norma è stata molto importante anche per avere inasprito le condanne per chi commette i reati spia legati al revenge porn, come lo stalking o le lesioni personali. Avere riconosciuto questi ultimi a livello legale è frutto dell’allarme sociale che hanno suscitato, ma soprattutto di una presa di coscienza della società che passa in primo luogo per le divulgazioni degli attivismi.
La violazione della privacy e la pubblicazione di materiali pornografici inoltrati contro la volontà delle vittime provocano un trauma molto profondo. Per chi subisce questo tipo di reati sono nate associazioni di sostegno (sia psicologico che legale), come la stessa Indifesa, e il Garante per la protezione dei dati personali ha messo a disposizione di tutti gli utenti un canale di emergenza per bloccare in modo tempestivo i materiali diffusi senza consenso.
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